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Guercino tra sacro e profano; a cura di Daniele Benati

Piacenza, Duomo e Palazzo Farnese, 4 marzo - 4 giugno 2017

In occasione dell’anniversario dei lavori compiuti dal Guercino  a Piacenza  fra il 1625 e il 1627 vi sono in questa città due grandi eventi. Una mostra nella Cappella ducale di Palazzo Farnese, a cura di Daniele Benati e Antonella Gigli (catalogo Skira), con circa venti capolavori del maestro. E la nuova illuminazione degli affreschi nella cupola della Cattedrale, che permette ai visitatori, saliti nel ventre dell’edificio attraverso una serie di strette scale, di godere al meglio sei scomparti affrescati dal Guercino con le immagini dei profeti Aggeo, Osea, Zaccaria, Ezechiele, Michea, Geremia, assieme alle scene dell’infanzia di Gesù e le otto Sibille.

Francesco Barbieri (Cento di Ferrara, 1591 – Bologna, 1666), detto, a causa di una menomazione all’occhio destro subita in età infantile, il Guercino. Allievo di Ludovico Carracci, ma sensibile anche alla pittura ferrarese e, soprattutto, a quella veneta, rivela, fin dalle opere giovanili, un’attenzione peculiare agli impasti cromatici, e agli effetti luministici, come per esempio in Paesaggio al chiaro di luna o nel Figliol prodigo di Vienna.

.Bisogna riconoscere che nel favorire le fortune critiche di Guercino, gli estimatori stranieri sono stati tra i più generosi e curiosi dell’opera del maestro. Nel Settecento, i più significativi riconoscimenti della grandezza del Guercino vengono probabilmente da un ambito diverso da quello degli artisti e degli specialisti d’arte, o da viaggiatori colti e curiosi. Per quanto grande appassionato di arte, , Goethe frequentava la materia come un colto dilettante del suo tempo. Eppure, durante il suo leggendario viaggio in Italia, Goethe non manca di fare qualcosa che gli artisti in tour di apprendimento e gli specialisti d’arte non avevano ancora intrapreso: decide di fare tappa nella “piccola e graziosa città” di Cento, il 17 ottobre del 1786, non certo perché era “ben costruita, industriosa, pulita, in un’immensa e fertile pianura”, ma esclusivamente perché è la Guercins Vatersatdt, il luogo natale del Guercino.

Il Guercino di Goethe viene descritto come un pittore “civile”, significativamente impegnato nella vita culturale, morale e materiale della propria comunità: anche da questo punto di vista, un modello rispetto ad artisti limitati da una concezione “mercenaria” del proprio interesse, se non addirittura un esempio per lo stesso Goethe..

Infine saltando il resto dell’Ottocento (quello degli specialisti, ma anche quello di scrittori e poeti come Byron), il campo della letteratura critica del Novecento è tutto occupato da Denis Mahon. In qualche modo egli risale all’interpretazione goethiana del Guercino, alla sua lettura profeticamente “storicistica”. Dobbiamo a Mahon, con la riconoscenza per la resurrezione di un grande artista, la lucida intelligenza di aver liberato il Guercino dall’ “imbalsamazione” che lo aveva portato il trascorrere del tempo.

Mahon ha provveduto a fornirci non solo la traccia e la ricostruzione di un catalogo affidabile delle opere dell’artista, per i dipinti come per i disegni, ma anche la più attendibile interpretazione della sua poetica, grazie a studi che dagli anni Trenta del secolo scorso sono proseguiti – e proseguono – fino ai nostri giorni, di cui la mostra di Piacenza ne è un fulgido esempio e a Mahon è dedicata.



Guercino tra sacro e profano
Guercino tra sacro e profano